mattia darò architect - rome italy |
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Modernità. Cosa appare e cosa rimane nascosto.
Digressioni.Dove comincia la modernità e dove finisce.
Modernità, moderno, modernismo: difficile definirne uno per poi negarlo o modificarlo a sua volta, magari con un nuovo neologismo.
Alcune definizioni:
Modernità “l’insieme degli aspetti e delle manifestazioni della vita materiale, sociale, spirituale e culturale, del progresso tecnico e dei costumi che contraddistinguono i tempi moderni.”;
dizionario on line de mauro
“La modernità è il periodo solitamente indicato dal pensiero sociologico come la perdita di centralità da parte dello Stato-Nazione”
enciclopedia libera on line wilkipedia
Moderno “che si riferisce al tempo presente o a un periodo recente; caratteristico del periodo attuale, che ne esprime la sensibilità e i gusti”
Ma è anche “tutto ciò che esprime i gusti e le tendenze del ventesimo secolo, spec. nell’arte o nell’architettura”
dizionario on line de mauro
Modernismo “tendenza ad adeguarsi alle esigenze, al gusto, ai costumi e alla sensibilità contemporanee”
Ma è anche in architettura “tendenza architettonica sviluppatasi nell’ambito dell’art nouveau, basata su principi di funzionalità e razionalità (sec.XX)”
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L’età moderna è altro. “L'Età Moderna è un'era di riferimento creata dagli storici. Essa ha inizio nel 1492 d. C., anno della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo e ha fine nel 1789, anno della Rivoluzione francese.”
enciclopedia libera on line wilkipediaOra dal dizionario sembra che moderno si riferisca inequivocabilmente al tempo presente ma in realtà secondo un’ottica storica i tempi moderni si riferiscono ad almeno 5 secoli fa. Si crea un’ambiguità di significati e conoscenze. O la modernità è archiviata in un periodo storico o essa indica il periodo della contemporaneità. L’ambiguità forse nasce da una visione che tiene insieme un periodo di 500 anni come matrice della società contemporanea. L’era moderna sembra essere tutto ciò che in realtà ancora oggi effettivamente incide sul mondo che viviamo: da un ultimo tardo rinascimento passando per il barocco e l’età dei lumi fino al romanticismo. Ma il moderno è poi anche il novecento. E oggi?
L’identificazione della cultura moderna con la ricerca continua e indefessa della ragione sembra essere il tema caratterizzante della modernità. A oggi l’età dei lumi è sempre più in auge e il credo nella ricerca della spiegazione degli avvenimenti continua a muovere le attività umane. La coscienza dell’essere (da Cartesio a l’esistenzialismo di Sartre) avviene tutt’ora. Sono cambiati i temi, gli strumenti e anche gli obiettivi, ma il principio sotto il quale definiamo la modernità sembra essere sempre lo stesso.
Moderno è soprattutto l’aggettivo. Oggi ancora tendiamo ad una vita moderna, magari con qualche suffisso in più: post, ultra, super, neo. Forse moderno è insostituibile, per essere fedeli al significato letterale del termine. Avremo bisogno di nuovi termini per archiviare le epoche. Oggi di certo non possiamo archiviare un’era come quella della rivoluzione francese, così fondante nella società in cui viviamo.
Ma soprattutto è difficile definire cosa sia moderno e cosa no. Se fa più moderno tutto ciò che è legato a previsioni future o se tutto ciò che è profondamente razionale. La modernità spesso si rappresenta come la crisi d’identità dell’uomo (la morte delle sue sicurezze) e la sua rinascita in super-uomo (Nietsche), il culto dell’individuo e la legittimazione della solitudine, in contrapposizione con la perdita di centralità da parte dello Stato-Nazione. Il tutto avvolto nel processo di industrializzazione delle tecnologie.
E’ moderno inquinare? O è moderno salvaguardare l’ambiente? E’ moderno demolire? O è moderno conservare? In fondo la modernità si diffonde in ogni attività umana. Come un approccio etico e/o religioso, chi si proclama moderno tende ad un’innata fede per il progresso. Spesso si intende per progresso la tecnologia o la scienza mentre risultano discipline antiche la tutela o l’archeologia. Ma così non è. L’archeologia ad esempio è una delle grandi scoperte dell’era moderna, dell’età dei lumi. La coscienza moderna si esprime anche attraverso l’esplorazione di ciò che va scoperto e ricostruito. La storia moderna ad esempio è piena di esempi di ricostruzioni storiche fatte ad hoc. Anzi la storia nella modernità è una continua reinterpretazione intellettuale e politica degli avvenimenti dell’umanità.
In fondo quando Le Corbusier viaggia per la prima volta verso gli Stati Uniti d’America, egli scopre l’attuazione delle sue teorie più estreme, la modernità vera, scelta come logica sociale. Manhattan è senz’altro la rappresentazione dell’idea del moderno, o almeno del modernismo. E lo dice Corbu in “Quando le cattedrali erano bianche” ma ancora con più esattezza lo dice Rem Koolhaas in “Delirious of New Tork”. Cosa è cambiato? Che oggi ne abbiamo certezza. Ma cosa è cambiato dall’idea di una società moderna che si sta praticando in Cina? Non è tutt’ora esistente un’ideale di modernità molto forte a caratterizzare le voglie e i movimenti del nostro pianeta?
Modernità a Roma
E così la modernità di Roma può trovarsi esclusivamente nel modo in cui si stabilisce di conservare e aggiornare la sua immagine, o meglio l’immagine di quella città/parco racchiusa dalle mura aureliane, che è una parte sempre più estranea alla città popolare che la circonda. Immagine pesante, carica di segni e simboli e però così tanto pop. Vetrina della rappresentazione storica e del potere, quello dell’impero e quello sacro. Pomposa e magna, la modernità di Roma sta nella sua scommessa di convivenza con l’archeologia, ma non solo con tutto il sistema del tessuto rinascimental-barocco del centro. Inadatto alle macchine ma impensabile solo pedonale. Dovrebbe possedere la gamma tecnologicamente più evoluta di mezzi pubblici e invece soffre terribilmente proprio in questo settore.Le dichiarazioni prima di Nouvel poi di Toyo Ito, un po’ di tutti i grandi architetti che passano per la città eterna, rivelano la forte tentazione a tentare il difficile confronto con il tessuto storico della città. Meier, Piano, Hadid, Koolhaas sono i grandi architetti che, chi già chi in futuro, lasceranno il segno sulla città. Roma necessità la rivitalizzazione del mercato edilizio e della qualità degli edifici che produce.
Fortune e disagi della modernità di Roma
L’identificazione della modernità di Roma con la sua vocazione “eterna” ha creato un’identità fortissima e una mancanza di “instabilità produttiva” alla città. Tutto ha inizio nel settecento, dopo gli ultimi fuochi d’artificio del tardo barocco. Gli influssi della Francia e conseguentemente del pensiero illuminista pre e post rivoluzione nella capitale santa sono fortissimi (il Grand Prix de Rome e Villa Medici vivono le stagioni più memorabili). Dall’altra parte comincia la stagione dei viaggi culturali (Grand Tour), e del vedutismo pittorico. Nasce l’immagine della Roma contemporanea, nasce con intenti alti per la ricca borghesia che si sta formando e che individua nel viaggio la forma più alta del “contare nella società”. Nasce un’identità di città un’identità cosmopolita, da esportare, e Roma è tra le prime città del mondo a conquistarla. Tale identità intellettuale porta però alla cristallizzazione di un’idea di città che perde di vista il suo sviluppo di città per continuare a riflettere su se stessa, il peggior vizio intellettuale. Da una parte quindi esporta nel mondo un’immagine fortissima e di grande richiamo, così che dal fenomeno grand tour si arriva presto al turismo di massa; dall’altra questo suo crogiolarsi di ciò che si ha confonde le idee in alcune basilari conquiste della modernità che arriveranno sempre con lentezza nella città eterna anche in seguito al suo divenire capitale d’Italia.
Roma cresce sempre più d’importanza nell’immaginario collettivo, e per questa ragione si impone anche in alcune forme di espressione puramente locale (il Belli, l’espressione popolare anti-papalina…), così come si impone nella costruzione di un’identità di città cosmopolita, creando il mito di se stessa nel mondo. Perde però il suo ancoraggio con la storia del presente. Ed infatti Roma non incide nella società industriale, non incide nella società industriale così come non incide in quella post-industriale, rimanendo un grandissimo contenitore di “preziosità” da visitare ma mai parte attiva dei processi in corso. La sua contemporaneità è un processo retroattivo, Roma è il riflesso della sua immagine. La contemporaneità di Roma si percepisce dall’esterno e non dall’interno. E per questo spesso si è speculato sulla sua essenza di entertainment park, un grande parco della storia vero (in carne ed ossa) e non realizzato artificiosamente. I problemi nascono se quest’aspetto viene preceduto da una presunta ma un po’ ridicola presunzione di caput mundi. E cioè quella voglia di “saperla più lunga”, che tutto ciò che succede all’esterno non potrà mai essere comparato al patrimonio romano. Una specie di “integralismo culturale” che isola la città e non risponde a onestà sula vera identità che Roma ha acquisito nella galassia delle più importanti città del mondo.Confronto
Due immagini: la foto di copertina della rivista Gomorra n.5, anno IV, Giugno 2003 a confronto con il quadro L’atleta (o gladiatore) morente di Jean-Germain Drouais, dalla mostra “Il Settecento a Roma”, Palazzo Venezia, Roma, dal 10 Novembre al 26 Febbraio 2006.
L’aspetto che più colpisce è la sensazione di “surrealismo romano” che caratterizza entrambe le immagini. Ciò che ritraggono è allo stesso tempo fortemente inattuale ma così carico di tensioni contemporanee (chiaramente ognuna per la propria età). L’atleta, che è un quadro di Drouais fatto come consegna della sua attività di pensionnaire a Villa Medici, rende molto bene l’atmosfera dei tempi di Roma ma dei tempi in generale (Drouais è amico e frequentatore di David). Tensione neoclassica assieme a costruzione di mito intellettuale.
Il gladiatore di Gomorra, ripreso davanti ai cancelli del Colosseo, esprime “l’identità disperata” di Roma, intrappolata dal suo inebriante e allucinato gioco intellettuale del fomento del mantenimento della sua immagine settecentesca, che appunto era immagine decadente rivitalizzata da intellettuali coraggiosi. In fondo non c’è molta differenza tra le due immagini. Entrambe pescano nell’immaginario di Roma, con un approccio quasi “neo realista” ma allo stesso tempo totalmente straniante. Le due immagini si basano su una follia di fondo: l’attaccamento dell’identità verso le radici storiche del luogo. E questa follia può essere solo frutto della modernità; ovvero della ragione e della coscienza, del “cogito ergo sum”. Roma vive di questa contraddizione, frutto della sua atipica modernità: aver raggiunto presto un’identità fortissima e da qui essere divenuta cosmopolita (patrimonio del mondo) e in ragione di questo aver rinunciato a rimettersi in gioco per rendere la città fisicamente moderna.
Second text-essay "modernità" |